LA FILOSOFIA E LE SUE PARTI


 

Lo stoicismo si estende per un corso di tempo piuttosto lungo che va dalla fine del IV secolo a.C. al II d.C., ed è stato distinto abitualmente in tre periodi: lo stoicismo antico, lo stoicismo di mezzo e lo stoicismo romano. Una ricostruzione completa e attendibile della filosofia stoica è resa difficile dallo stato della nostra informazione. Infatti nessuna opera è sopravvissuta nell'arco di trecento anni dalla fondazione della scuola: sono andati completamente perduti gli scritti degli stoici antichi e degli stoici del periodo di mezzo, all'infuori dell'Inno a Zeus di Cleante, mentre possediamo quelli degli stoici romani. Per il primo periodo dello stoicismo la nostra conoscenza è affidata alle testimonianze, le quali pos­sono essere riunite in tre gruppi: i dossografi, tra cui Diogene Laerzio e Stobeo, i filosofi, come Seneca ed Epitteto, gli oppositori, tra cui Plutarco, Galeno, Sesto Empirico. Un posto a parte occupa Cicerone, la cui testimonianza è stata ri­valutata dalla critica più recente e che, con le sue opere filosofiche, costituisce il nostro migliore informatore. Tuttavia bisogna tenere presente che le cita­zioni letterali, ο frammenti, sono piuttosto esigui rispetto all'informazione in­diretta e che la maggior parte delle notizie dipendono da fonti ostili.

Inoltre non è né facile, né sempre possibile stabilire come le fonti avessero conoscenza della dottrina stoica, se attraverso una lettura diretta delle opere ο attraverso compendi ο manuali di scuola. La perdita precoce delle opere di Zenone fu forse dovuta tanto al carattere aperto del suo scolarcato, che con­sentiva ampia possibilità di discussione ai discepoli, quanto alla comparsa di una personalità di grande rilievo come Crisippo, che subito si impose come il secondo fondatore della scuola. Forse anche per questa ragione né la filosofia né i seguaci di Zenone, in un primo momento denominati 'zenoniani', non furono chiamati dal nome di Zenone, come di solito dal nome del fondatore della scuola derivano le denominazioni 'platonismo', 'aristotelismo', 'epicu­reismo', ma trassero il loro nome dal Portico dipinto (Stoa poikile) dove Ze­none teneva le sue lezioni ad Atene. Ma se già nell'antichità la filosofia di Crisippo si era imposta come l''ortodossia' della scuola, ciò non ha impedito che le sue opere, lette e commentate con ogni probabilità fino all'epoca di Epitteto, andassero poi perdute.

Zenone (333-262 a.C.), fondatore della scuola stoica e Crisippo (281-208 a.C.), il terzo scolarca (dopo Cleante). La statuaria greco-romana tipicizzò l'immagine del filosofo stoico insistendo sulle rughe della fronte e sulle sopracciglia corrucciate. La contrazione dei muscoli del volto è metafora visiva di uno sforzo intellettuale, di un'attività del pensiero intensa e di grande impegno morale.

Sul naufragio delle opere degli stoici antichi ha anche pesato la condanna dei grammatici alessandrini nei confronti di opere che non corrispondevano ai canoni lessicali, grammaticali e stilistici da essi stabiliti. E certamente Crisippo non si distingueva per il bello stile, anzi, a detta degli autori antichi, le sue opere erano piene di barbarismi e il suo linguaggio era aspro e difficile, come testimonia lo stesso Epitteto [1] . Si aggiunga che, a scopo di propaganda, si era diffusa nelle scuole filosofiche la moda di esporre la propria dottrina attraverso manuali, e certamente i dossografi preferivano, per comodità, at­tingere da questi, piuttosto che direttamente dalle opere dei singoli filosofi. Pertanto le nostre informazioni dipendono in larga parte da testimonianze che abbracciano insieme la dottrina dello stoicismo antico, senza porre in rilievo le distinzioni tra le dottrine dei vari esponenti della scuola, che pure sappiamo che ci furono.

Abbiamo infatti testimonianze certe e attendibili che ci permettono di sta­bilire che Cleante, e soprattutto Crisippo, hanno aggiunto molto alla dottrina del fondatore e ne hanno talvolta modificato alcuni punti. Inoltre negli anni successivi alla morte del maestro, durante lo scolarcato di Cleante, si sono fronteggiate due interpretazioni della filosofia di Zenone, quella di Aristone di Chio (anch'egli discepolo di Zenone) e quella di Crisippo, che ne rappresentano due possibili sviluppi, anche se divergenti. La filosofia di Crisippo fu quella che prevalse perché fondava su basi scientifiche il rapporto dell'uomo con l'universo. La filosofìa di Aristone era caratterizzata invece dal disprez­zo, ereditato dal cinismo, di ogni teoria scientifica e non operava mediazioni tra la natura umana e le norme morali. La polemica di Crisippo ha avuto un peso determinante nel 'distruggere' la filosofia di Aristone, come lascia in­tendere Cicerone, che ne parla ormai come di una filosofia che non ha avuto séguito, perché «dopo Crisippo nessuno più è entrato in disputa con Aristone» [2] . E dalle fonti Aristone, insieme ad alcune altre personalità minori, quali Erillo e Dioniso di Eraclea, sarà considerato un 'eterodosso'. Il ruolo di Crisippo è stato dunque fondamentale anche nell'influenzare la storiografia antica, non soltanto per il prestigio di cui egli godeva, ma anche a causa della diffusione della dottrina stoica a opera di manuali di scuola, scritti da lui stesso, che secondo alcuni studiosi sarebbero alla base di alcuni importanti trattazioni dossografiche. Soltanto a partire da Crisippo si potrà dunque par­lare di una vera e propria 'ortodossia' della scuola, la quale non si identifica con la dottrina di Zenone, ma è l'interpretazione che Crisippo ne ha fornito.

Gli stoici furono i primi a concepire la filosofia come un sistema, perfettamente coerente in ogni sua parte. Essi definivano la filosofia, da un lato, come 'pratica della rettitudine del logos' e, dall'altro, come scienza. Il logos è il principio razionale che pervade tutto l'universo, ed è anche la ragione uma­na: ma il termine logos in greco significa anche discorso. La filosofia quindi è conoscenza e nello stesso tempo 'esercizio' della ragione, che si deve tradurre immediatamente in azione. Essa deve rendere l'uomo capace di agire in con­formità al logos, e di esprimere questa coerenza in un discorso corretto. Da un punto di vista didattico la filosofia, invece, si identifica con lo studio del logos, che gli stoici dividevano in tre parti. Forse già Senocrate aveva tripartito la filosofia in logica, fisica ed etica, ma certamente gli stoici attribuirono a que­sta divisione un significato nuovo. Logica, fisica ed etica sono le diverse pro­spettive dalle quali deve essere affrontato lo studio del logos, che costituisce il loro oggetto unico e comune. Infatti lo studio del logos si presenta come etica, in quanto adeguamento della condotta umana alla legge universale, come fisica, in quanto comprensione dell'ordine razionale che governa l'universo e come logica, in quanto capacità di esprimere quest'ordine universale, come realmente è. In questo senso la logica, la fisica e l'etica si implicano necessa­riamente, tanto che nessuna parte è separata dall'altra, ma sono tutte con­giunte fra loro strettamente. Per dimostrare questa tesi gli stoici ricorrevano a metafore che ponevano in evidenza l'intrinseca unità delle parti: parago­navano la filosofia a un uovo, in cui la parte più esterna, il guscio, rappre­sentava la logica, l'albume rappresentava l'etica e la parte più interna, il tuorlo, la fisica. Oppure la paragonavano a un campo fertile, in cui la siepe che cinge il campo è la logica, il frutto è l'etica, la terra e gli alberi la fisica. Come queste metafore sottolineano, la filosofia è un tutto organico e la tripartizione si riferisce quindi soltanto al 'discorso' filosofico relativo all'insegnamento, ovvero alle forme in cui la filosofia, in quanto scienza, deve essere insegnata e appresa. Tuttavia gli stoici avevano posizioni diverse sul modo in cui l'in­segnamento doveva essere impartito. Mentre Zenone collocava al primo po­sto la logica, al secondo la fisica e al terzo l'etica, Crisippo sembra oscillare tra la posizione di Zenone e quella che pone la fisica all'ultimo posto e questa è la posizione che si riflette in tutte le metafore usate per illustrare la filosofia e le sue parti. Anche Cleante aveva assunto una posizione autonoma rispetto a quella del maestro, perché aveva diviso la filosofia in sei parti (dialettica, re­torica, etica, politica, fisica e teologia) anche se riconducibili alle tre parti fondamentali. Una posizione più radicale assumeva invece Aristone di Chio, il quale si rifiutava di stabilire un ordine delle parti, anche perché riteneva che la filosofia si identificasse essenzialmente con l'etica.

 

 



[1] Epitteto. Manuale 49.

[2] Cicerone, Definibus II, 43.