ANASSIMENE

LA VITA

Su Anassimene abbiamo pochissime notizie. Il testo tràdito di Diogene Laerzio (II, 3) lo farebbe nascere nella Olimpiade 63 (528-525) e lo farebbe morire al momento della cattura di Sardi, che dovrebbe essere quella del 498. Questa cronologia farebbe vivere Anassimene solo una trentina di anni, ma soprattutto renderebbe impossibile la sua connessione con Anassimandro, cara alla tradizione. Suda (s.v. «Anassimene»; 13A2 DK) lo colloca nell'Olimpiade 55 (560-557), all'epoca della presa di Sardi da parte di Ciro (546/545). L'Olimpiade 55 è citata anche da Eusebio (13A3 DK). Diels, supponendo che fosse inverosimile il riferimento alla caduta di Sardi del 498, visto che le indicazioni biografiche fanno sempre riferimento alla presa di Sardi, ha invertito nel testo di Diogene Laerzio le indicazioni cronologiche. Bisognerebbe allora intendere la prima presa di Sardi (546/545) come l'acme di Anassimene, mentre l'Olimpiade 63 (528-525) segnerebbe il periodo della morte. Del resto Ippolito (Confutazione di tutte le eresie I, 7, 9) pone la sua acme nell'Olimpiade 58,1 (548/547).

La tradizione (DL II, 3; Simplicio, Commento alla Fisica 24, 26; Ippolito, Confutazione I, 7, 1) ne fa il figlio di Euristrato di Mileto e lo scolaro di Anassimandro. Diogene Laerzio e Suda dicono anche che secondo alcuni era scolaro di Parmenide.

Edizioni e traduzioni

I frammmenti sono editi in DK e tradotti in DK it e inoltre in:

Ionici, Testimonianze e frammenti, a cura di A. Maddalena, La Nuova Italia, Firenze 1963.

Anassimene, l'ultimo rappresentante della 'scuola di Mileto', ha un posto nella storia aristotelica del sapere: era lui che dava la preferenza all'aria anziché all'acqua «come principio dei corpi semplici». In un certo senso poteva figurare quale ' successore' di Talete, perché come lui aveva identificato il principio con un elemento, e non aveva scelto un'entità così ambigua come l'infinito di Anassimandro. Come Anassagora e Democrito, secondo Aristotele, Anassimene considerava la terra un corpo piatto, una specie di coperchio che sta sull'aria coprendola e, come tutti i corpi piatti, oppone resistenza al vento: l'aria tiene su la terra perché questa la comprime. Teofrasto invece spiegava la cosa semplicemente in termini di galleggiamento, una variante dell'affermazione di Talete che la terra galleggia sull'acqua#.

Teofrasto attribuiva inoltre ad Anassimene una teoria cosmologica generale: «Tutte le cose sono prodotte per condensazione e poi, di nuovo, per rarefazione dell'aria e il movimento esiste dall'eternità. Egli sostiene che, solidificatasi l'aria, per prima si forma la terra, la quale è molto piatta — e pertanto a ragione si mantiene sull'aria: il sole, la luna le altre stelle hanno il principio della nascita dalla terra. Afferma infatti che il sole è terra, la quale per la rapidità del movimento si è molto infuocata ed è diventata incandescente»#. I corpi celesti avrebbero origine dalla terra, cioè dall'«umidità che da essa si leva e che, fattasi leggera, diventa fuoco e dal fuoco sollevato in alto si formano le stelle»#. Tutte le trasformazioni cosmologiche vengono riportate a un unico procedimento fondamentale. Anassimene avrebbe posto, come Anassimandro, una natura infinita, «ma non indeterminata, come quel'-lo, bensì determinata — la chiama aria. L'aria differisce nelle sostanze per rarefazione e condensazione. Attenuandosi diventa fuoco, condensandosi vento, e poi nuvola, e, crescendo la condensazione, acqua e poi terra e poi pietre e il resto, poi, da queste»#.

Aristotele attribuiva il meccanismo della rarefazione e condensazione ai naturalisti, i quali con quei processi traggono le cose da una sostanza materiale unitaria, e proprio su questo punto, pur senza nominare Anassimene, contrapponeva Anassimandro agli altri naturalisti#. Si potrebbe perciò pensare che per Anassimene sia accaduto qualcosa di simile a quel che è accaduto per Anassimandro, cioè che la dossografia, a cominciare da Teofrasto, gli abbia applicato schemi ricavati da Aristotele. In realtà Plutarco cita la parola che Anassimene adoperava per indicare ciò che è rilassato# e dice che usava questo termine per mostrare che caldo e freddo non sono proprietà originarie, ma derivano rispettivamente dalla condensazione e dalla rarefazione. Lo proverebbe il fatto che l'aria emessa dalla bocca con le labbra contratte è fredda, mentre è calda quella emessa a labbra aperte#. L'attribuzione ad Anassimene# della teoria della rarefazione è perciò generalmente accettata. Potrebbe tuttavia essere frutto di interpretazione il collegamento rarefazione-caldo e condensazione-freddo.

Gli aspetti pneumatici già presenti in Anassimandro, ma forse messi in ombra dalla tradizione dossografica, sono ben evidenti in Anassimene. Il sole, la luna e gli altri astri hanno forma piatta, per cui galleggiano sull'aria, e sono fatti di fuoco. Può darsi che Anassimene distinguesse il sole, la luna e i pianeti, considerati come «foglie di fuoco», dalle stelle fisse paragonate a chiodi conficcati in un cielo simile al ghiaccio. Secondo una notizia, che però compare una sola volta, gli astri sarebbero mossi dalla condensazione dell'aria#.

Molti antichi naturalisti, dice Aristotele, non credevano che il sole passasse la notte sotto la terra, come narravano i miti diffusi nella cultura greca e nella cultura orientale, ma ritenevano che la notte fosse prodotta dal fatto che la terra è sollevata a nord e che il sole, girando intorno alla terra, si nasconde dietro quei rilievi. Ippolito attribuisce ad Anassimene questa versione e dice che per lui gli astri girano intorno alla terra come un cappello intorno alla testa. Il sole di notte sarebbe invisibile perché si nasconde dietro le alture e per la sua distanza da noi#.

Nella tradizione dossografica è rimasta traccia delle spiegazioni di diversi fenomeni naturali attribuite ad Anassimene. I terremoti sarebbero dovuti a pezzi di terra che precipitano nelle crepe prodotte dal sole, quando questo asciuga il suolo imbevuto dell'acqua delle grandi piogge. Le nubi sono aria che si condensa; la pioggia è generata dalla compressione delle nubi e, quando l'acqua della pioggia gela, si ha la grandine, mentre la neve è dovuta alla commistione di aria e pioggia. Il lampo è un gioco di luce prodotto dall'azione del vento sulle nuvole, come il balenio dell'acqua marina tagliata da un remo#.

Aristotele si limitava a fare di Anassimene un cosmologo, che aveva formulato un principio, ma non aggiungeva le supposizioni biologiche che faceva per Talete. Eppure testimonianze antiche ci dicono che Anassimene considerava divina l'aria e affermava che l'aria sta al cosmo come l'anima al corpo#. La testimonianza non è del tutto sicura, anche perché usa un linguaggio che non è riferibile con sicurezza all'età di Anassimene. Ma è probabile che l'aria, da lui invocata come principio esplicativo, fosse concepita come una realtà invisibile. Era un significato nuovo del termine 'aria', parola che prima di allora aveva designato l'aria densa, come la nebbia o l'oscurità. Con le trasformazioni di quell'aria invisibile Anassimene spiegava tutti gli altri fenomeni meteorologici. Essa era qualcosa di divino sempre in movimento, ricavato per analogia con il respiro e la funzione dell'aria nei processi della vita. E probabile che questo spostamento di significato non fosse avvertito nell'età di Aristotele, o almeno non fosse avvertito come l'elemento centrale dello scritto di Anassimene.